Hiv – All’attacco del reservoir virale “latente”
“Lo studio evidenzia che i virus capaci di replicare e di produrre proteine, decadono più rapidamente a causa della pressione immunologica selettiva, con conseguente riduzione del reservoir virale. Ovvero che la lenta e graduale riduzione di tale serbatoio virale potrebbe essere legata alla produzione di proteine virali, un fenomeno maggiormente evidente se il genoma virale integrato nelle cellule umane è integro, intatto, privo di mutazioni
“Il principale ostacolo all’eradicazione del virus HIV potrebbe non essere l’invisibilità del suo reservoir (serbatoio), poiché sembrerebbe che lo stesso sia meno resistente alla riattivazione di quanto si pensi in generale. Inoltre, dallo studio longitudinale del virus integrato emergono importanti informazioni sulle popolazioni virali ‘intatte’ (in tal caso il genoma virale integrato nelle cellule umane è intatto, ovvero privo di mutazioni) in grado di produrre virus infettanti e popolazioni virali difettive (in tal caso il genoma virale integrato nelle cellule umane non è intatto, presenta mutazioni e quindi è difettoso) le quali generano virus non infettanti”.
Il dato emerge da una ricerca, recentemente pubblicata, su Nature Communications, dai ricercatori dell’Università di Messina e di quella della Pennsylvania. Lo studio evidenzia che i virus intatti, capaci di replicare e di produrre proteine, decadono più rapidamente a causa della pressione immunologica selettiva (la risposta del sistema immunitario nei confronti del virus che cerca di replicare e infettare altre cellule), con conseguente riduzione del reservoir virale, ovvero che la lenta e graduale riduzione di tale serbatoio virale potrebbe essere legata alla produzione di proteine virali, fenomeno maggiormente evidente se il genoma virale integrato nelle cellule umane è integro, intatto, ovvero privo di mutazioni: non difettivo. Un esito questo che fornisce importanti implicazioni circa la cura dell’HIV…”
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Fonte: “Hiv. All’attacco della riserva di virus “latente”. Ulteriori speranze da uno studio Italia-Usa”, Quotidiano sanità
Tratto da: http://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=71758