Malattie rare – Leucemia linfatica cronica pretrattata: regime chemo-free con venetoclax, l’inibitore selettivo della proteina anti-apoptotica BCL2, abbatte rischio di progressione e decesso
“Venetoclax, un inibitore selettivo della proteina anti-apoptotica BCL2, combinato con l’anticorpo monoclonale anti-CD20 rituximab (regime VR) riduce drasticamente il rischio di progressione o decesso rispetto a una terapia standard rappresentata dall’associazione di bendamustina e rituximab (regime BR), nei pazienti con leucemia linfatica cronica recidivata o refrattaria. Lo conferma l’aggiornamento dello studio MURANO, relativo a un periodo di osservazione mediano di 3 anni e appena presentato a San Diego, nel corso del congresso annuale dell’American Society of Hematology (ASH)
Lo conferma l’aggiornamento dello studio MURANO, relativo a un periodo di osservazione mediano di 3 anni e appena presentato a San Diego, nel corso del congresso annuale dell’American Society of Hematology (ASH). I dati sono stati pubblicati in contemporanea anche sul Journal of Clinical Oncology.
Ma non solo. La parte forse più qualificante dell’aggiornamento è quella che riguarda i 130 pazienti che hanno completato i 2 anni di terapia con venetoclax e, in accordo col disegno originario dello studio, hanno interrotto l’inibitore. In questo sottogruppo di pazienti dopo un tempo mediano pari a 9,9 mesi dall’interruzione di venetoclax la sopravvivenza libera da progressione (PFS) a 12 mesi era dell’87%.
«Questo è l’aspetto più qualificante e innovativo dello studio, perché, ad oggi, il paradigma del trattamento con i nuovi agenti (inibitori del B-cell receptor o della proteina BCL2) è la loro somministrazione continuativa a lungo termine. Lo studio MURANO, invece, è il primo studio di fase 3 in cui un nuovo agente, nello specifico un inibitore di BCL2, è stato somministrato per un periodo di tempo limitato in pazienti con leucemia linfatica cronica» ha commentato ai nostri microfoni Stefano Molica, Direttore del Dipartimento di Ematologia e Oncologia dell’AO Pugliese-Ciaccio di Catanzaro.
Con venetoclax più rituximab rischio di progressione ridotto dell’84% e rischio di morte dimezzato
«La seconda informazione rilevante proveniente dal follow-up a 36 mesi, che d’altra parte è linea con i dati della precedente analisi, è la riduzione del rischio di progressione dell’84% e del rischio di morte del 50% osservata nei pazienti trattati con venetoclax più rituximab rispetto a quelli trattati con il regime standard» ha aggiunto l’esperto.
Nel dettaglio, la PFS, proiettata a 36 mesi, è del 71,4% per i pazienti trattati con venetoclax più rituximab e 15,2% per quelli trattati con BR (HR 0,16; IC al 95% 0,12-0,23).
Inoltre, al momento dell’analisi è emerso un miglioramento significativo della sopravvivenza globale (OS) con il regime VR rispetto al regime BR, con un’OS proiettata a 3 anni rispettivamente dell’87,9% contro 79,5% (HR 0,50; IC al 95% 0,30-0,85; P = 0,0093).
Mantenere una MRD negativa 10 mesi dopo lo stop a venetoclax impatta sugli outcome clinici
«C’è bisogno di un’opzione terapeutica chemo-free a durata fissa in grado di portare a una condizione di malattia minima residua non rilevabile e conseguentemente ad un prolungamento della sopravvivenza libera da progressione nei pazienti con leucemia linfatica cronica recidivante o refrattaria», ha affermato il primo autore dello studio, John Seymour, direttore del Dipartimento di Ematologia presso il Peter MacCallum Cancer Center e il Royal Melbourne Hospital.
Nello studio MURANO, dei 114 pazienti su 130 che hanno completato i 2 anni di terapia con venetoclax senza mostrare segni di progressione della malattia, il 78% aveva anche una condizione di malattia residua minima (MRD) non rilevabile nel sangue periferico, definita sulla base di una sensibilità di 10-4 (meno di una cellula leucemica ogni 10.000 leucociti)…”
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Fonte: “Leucemia linfatica cronica pretrattata, regime chemo-free con venetoclax abbatte il rischio di progressione e decesso. #ASH2018”, PHARMASTAR