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Vitamina D – Non abusarne!

Costa al Ssn 260 milioni l’anno. Ma studi scientifici ne mettono in discussione l’efficacia per proteggere le ossa

SONO tra i farmaci a carico del servizio sanitario nazionale che hanno visto il più netto aumento di prescrizioni negli ultimi anni ma sulla loro efficacia per un così alto numero di persone ci sono grossi dubbi. Ogni giorno nel 2017 oltre 12,6 italiani su mille hanno preso la vitamina D per rinforzare le ossa, cioè oltre il doppio rispetto al 2013, quando erano 6,2. Un incremento che ha messo già da tempo l’Agenzia del farmaco (Aifa) e l’Istituto superiore di sanità in allarme. Con i volumi cresce anche la spesa pubblica, che l’anno scorso ha raggiunto ben 260 milioni di euro, (+ 23% rispetto al 2016). Per avere un’idea, si tratta di circa 100 milioni in meno di quanto costano i vaccini e di più della metà di quanto è riservato ai farmaci oncologici innovativi. Certamente c’è un aumento importante anche della spesa privata, sulla quale però non ci sono dati precisi. I farmaci a base di vitamina D possono infatti essere acquistati pure a spese del paziente ma anche come integratori.

Di fronte a tutte queste vendite, e soprattutto di fronte al fatto che in Italia la vitamina D viene in parte pagata dal sistema pubblico (anche con formulazioni che costano il quadruplo di altre a parità di principio attivo), ci sono vari allarmi da parte di medici e farmacologi. Che si sono intensificati alla luce di un recentissimo studio, uscito su Lancet il 4 ottobre. Si tratta di una revisione sistematica di altri lavori scientifici che si conclude con queste parole: “Il supplemento di vitamina D non ha effetti significativi per le fratture, le cadute e la densità ossea ed è improbabile che studi futuri raggiungano una conclusione diversa” . Non ci sono quindi nemmeno giustificazioni per continuare ad approfondire il tema. Per Lancet esiste l’eccezione della prevenzione e cura di problemi rari di rachitismo e osteomalacia, una condizione di fragilità ossea. Anche Jama, tra gli altri, nell’aprile scorso e pure nel dicembre 2017 è arrivata a conclusioni pressoché identiche.

“La vitamina D ha un solo utilizzo in prevenzione – dice Emilio Maestri, che dirige la endocrinologia territoriale di Reggio Emilia – Nelle persone allettate e in case di riposo. Cioè che non escono mai. Putroppo tutti i dati favorevoli su questa sostanza si basano su studi osservazionali. Se si guardano gli studi sperimentali, invece, non ci sono risultati positivi. Lo dico da medico, quindi con dispiacere perché vorrei che questo medicinale funzionasse”. E aggiunge che “se invece un paziente ha già avuto una frattura, la terapia remineralizzante va utilizzata perché ci sono studi che riconoscono l’utilità della vitamina D”.

Gli studi di Lancet e Jama sono stati presentati la scorsa settima durante un incontro sulla sanità alla Leopolda di Firenze da Roberto Da Cas dell’Istituto superiore di sanità durante una relazione su come il rapporto Osmed, dove sono inseriti i dati di vendita dei medicinali in Italia, possa aiutare la governance farmaceutica. “C’è un uso molto esteso della vitamina D nella popolazione – spiega Da Cas – E questo malgrado i dati epidemiologici non ci parlino di una ipovitaminosi tra i cittadini italiani. Figurarsi che abbiamo visto come addirittura circa l’8% dei cittadini italiani ricevano almeno una prescrizione di questi farmaci ogni anno. Per avere un termine di paragone, i farmaci per il diabete vengono presi dal 6% dei cittadini”.

Tutto questo consumo non è giustificato. “Soprattutto considerando l’esposizione solare di chi vive nel nostro Paese. Come è noto infatti stare al sole anche pochi minuti al giorno permette di avere livelli sufficienti di vitamina D nell’organismo” , dice Da Cas…”

Per continuare a leggere la news originale:

Fonte: “Non abusate della vitamina D”, R.it Medicina e Ricerca

Tratto dahttp://www.repubblica.it/salute/medicina-e-ricerca/2018/10/22/news/non_abusate_della_vitamina_d-209180284/