Cassazione – Conferma maxi risarcimento per figlio nato con malformazioni non diagnosticate che lo costringono a vita vegetativa
“Azienda e medici condannati a pagare ai genitori 1 milione e 620 mila euro più un assegno mensile di 4mila euro. Secondo la Cassazione chi è in uno stato vegetativo permanente è una persona in senso pieno, i suoi diritti fondamentali vanno rispettati e tutelati e la tutela del suo diritto alla vita e del suo diritto alle prestazioni sanitarie deve essere ancora più incisiva, viste le condizioni di estrema debolezza in cui si trova e la sua incapacità di provvedere autonomamente a se stesso. L’ORDINANZA
09 OTT – Chi è in uno stato vegetativo resta una persona a tutti gli effetti e come tale si devo no rispettare i suoi diritti: la tutela del diritto alla vita e del diritto alle prestazioni sanitarie che deve essere ancor più incisivo, viste le condizioni di estrema debolezza in cui si trova la persona e la sua incapacità di provvedere autonomamente a se stessa.
A stabilirlo è la Cassazione (terza sezione civile, ordinanza 24189/2018) che si è espressa respingendo il ricorso dell’azienda sanitaria e di due medici condannati al risarcimento danni dal Tribunale – 300mila euro ciascuno da azienda e medici per il danno non patrimoniale e al pagamento di 1.140.000 a titolo di danno patrimoniale – e dalla Corte d’Appello – che ha modificato la cifra dovuta in 1.620.000 a titolo di risarcimento del danno patrimoniale, rigettando il resto delle imputazioni e oltre all’assegno di invalidità (500 euro mensili) per evitare una capitalizzazione anticipata alla corresponsione di 4mila euro al mese – sulla causa di due genitori per ottenere il risarcimento del danno per la mancata diagnosi in sede di esami ecografici delle malformazioni del figlio nascituro, nato poi con una possibilità di vita esclusivamente vegetativa.
Secondo la Cassazione che ha richiamato nel merito la sentenza precedente 21748/2007 sul caso Englaro, chi è in uno stato vegetativo permanente è una persona in senso pieno, i suoi diritti fondamentali vanno rispettati e tutelati e, anzi, la tutela del suo diritto alla vita e del suo diritto alle prestazioni sanitarie deve essere ancora più incisiva, viste le condizioni di estrema debolezza in cui si trova e la sua incapacità di provvedere autonomamente a se stesso.
Nella richiamata sentenza la Cassazione aveva affermato, riconoscendo il potere del giudice di autorizzare il tutore di una persona interdetta in persistente stato vegetativo a interrompere i trattamenti che la tengono artificialmente in vita, che “chi versa in stato vegetativo permanente è, a tutti gli effetti persona in senso pieno, che deve essere rispettata e tutelata nei suoi diritti fondamentali, a partire dal diritto alla vita e da quello alle prestazioni sanitarie, a maggior ragione perché in condizioni di estrema debolezza e non in grado di provvedervi autonomamente. La tragicità estrema di tale stato patologico, che è parte costitutiva della biografia del malato e che nulla toglie alla sua dignità di essere umano, non giustifica in alcun modo un affievolimento delle cure e del sostegno solidale, che il Servizio sanitario deve continuare a offrire e che il malato, al pari di ogni altro appartenente al consorzio umano, ha diritto di pretendere fino al sopraggiungere della morte”.
“La comunità – prosegue la sentenza – deve mettere a disposizione di chi ne ha bisogno e lo richiede tutte le migliori cure e i presidi che la scienza medica è in grado di apprestare per affrontare la lotta per restare in vita, a prescindere da quanto la vita sia precaria e da quanta speranza vi sia di recuperare le funzioni cognitive”.
Queste condizioni secondo la Cassazione le “reclamano tanto l’idea di una universale eguaglianza tra gli esseri umani quanto l’altrettanto universale dovere di solidarietà nei confronti di coloro che tra essi sono i soggetti più fragili”.
Per la Cassazione “la considerazione secondo cui anche chi versi in stato vegetativo è persona in senso pieno porta a concludere che anche rispetto a tale condizione la ‘non vita’ non possa essere qualificata bene della vita1 il che porta a escludere in radice la configurabilità del danno ingiusto, come affermato dalle sezioni unite”.
Il Servizio sanitario nazionale deve quindi continuare a offrire al malato tutte le cure e il sostegno di cui ha bisogno fino alla morte, come per ogni altro essere umano…”
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Fonte: “Cassazione conferma maxi risarcimento per figlio nato con malformazioni non diagnosticate e destinato a una vita in stato vegetativo”, Quotidiano sanità
Tratto da: http://www.quotidianosanita.it/lavoro-e-professioni/articolo.php?articolo_id=66440