HIV – La riduzione del carico farmacologico dei pazienti è possibile
“La riduzione del carico farmacologico, in particolar modo in alcune categorie di pazienti come i più anziani e quelli affetti da comorbidità, è un discorso già avviato nell’ambito di molte patologie. Se ne sta cominciando a parlare anche nell’infezione da Hiv, sempre con lo scopo di favorire il paziente e migliorarne la qualità di vita. L’argomento è stato discusso all’interno della 12esima edizione della conferenza italiana sull’AIDS e la ricerca antivirale (ICAR) 2020
«Quando si parla di nuove strategie dobbiamo sempre partire da dove siamo arrivati, per ricordare gli splendidi risultati ottenuti con l’arrivo di diversi farmaci» ha detto il Prof. Massimo Andreoni, Direttore della UOC di Malattie infettive e Day Hospital, Dipartimento di Medicina, Policlinico Tor Vergata di Roma. «I dati ICONA dimostrano che la percentuale di successo delle terapie ha ormai superato la vetta del 90%, con strategie che inizialmente erano basate molto sulla barriera genetica, sulla potenza e la tossicità dei farmaci ma che oggi, se dovessimo definire un trinomio della qualità delle terapie disponibili, diremmo potenza, aderenza e qualità della vita».
Anche in seconda e terza linea di terapia ci sono trattamenti estremamente validi che permettono in tutte le diverse fasi dell’infezione di aspirare a un successo superiore al 90%. Le strategie terapeutiche sono ormai principalmente rivolte alla classe degli inibitori dell’integrasi ma, nonostante questo, è costante la ricerca di nuovi farmaci e di nuove strategie, come le terapie long-acting. Nonostante il successo ottenuto finora c’è un continuo bisogno di nuove soluzioni per risolvere i fallimenti, ma soprattutto perché è cambiata la popolazione con Hiv.
«I dati ICONA mostrano l’invecchiamento della popolazione con Hiv. Ormai i nostri pazienti ultra cinquantenni sono il 40% e invecchiamento significa comorbidità. Quando vengono confrontati con il resto della popolazione mantengono un rischio, per esempio vascolare, significativamente più alto rispetto agli altri».
Non bisogna dimenticare come sia il virus stesso a giocare un ruolo importante nel rischio cardiovascolare, accanto ai noti fattori di rischio come ipertensione, diabete e fumo di sigaretta. La presenza del virus residuale è correlato allo stato infiammatorio che, insieme all’immuno-attivazione, può portare allo sviluppo della sindrome metabolica…”
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Fonte: “Hiv, ridurre il carico farmacologico dei pazienti è possibile #ICAR2020”, PHARMASTAR