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Malattie rare – Leucemia linfatica cronica ad alto rischio, in studio di fase 2 risulta promettente la combinazione obinutuzumab-ibrutinib-venetoclax

Nei pazienti con leucemia linfatica cronica ad alto rischio, una terapia di prima linea con il regime terapeutico denominato GIVe, costituito dalla combinazione di tre farmaci mirati, obinutuzumab, ibrutinib e venetoclax, ha mostrato tassi di risposta incoraggianti nello studio di fase 2 CLL2-GIVe. I risultati del trial sono stati presentati al congresso annuale della European Hematology Association (EHA), quest’anno tenuto in forma virtuale a causa dell’emergenza coronavirus

«Nello studio, nei 41 pazienti con leucemia linfatica cronica non trattati in precedenza e portatori della delezione 17p e/o di mutazioni di TP53 a cui è stato somministrato il regime terapeutico, il tasso di risposta completa al momento della ristadiazione finale è risultato del 58,5% e 33 pazienti che avevano ottenuto una risposta confermata risultavano negativi per la malattia minima residua dopo follow-up mediano di 18,6 mesi» ha riferito Henriette Huber, dell’Ospedale universitario di Ulm, in Germania, presentando i dati al congresso.

«Il profilo di sicurezza complessivo della tripletta è risultato accettabile, anche se alcuni pazienti hanno presentato infezioni di grado elevato che destano preoccupazione» ha aggiunto la professoressa. L’incidenza delle infezioni di grado 3 o superiore nello studio è stata pari al 19,5%.

Un altro evento avverso di interesse è la fibrillazione atriale, in una popolazione di pazienti peraltro relativamente giovane (l’età mediana era di 62 anni).
A questo proposito, ha commentato Alexey Danilov, del centro City of Hope di Duarte (California), non coinvolto nello studio, «gli inibitori della tirosina chinasi di Bruton (BTK) di seconda generazione, come acalabrutinib, potrebbero essere associati a un rischio di fibrillazione atriale inferiore rispetto all’inibitore di BTK ibrutinib utilizzato nello studio CLL2-GIVe».

Razionale solido
In generale, comunque, il razionale alla base della combinazione è solido, ha osservato l’esperto.

Di tutte le popolazioni di pazienti con leucemia linfatica cronica, ha sottolineato Danilov, quella con la delezione 17p o mutazioni di TP53 probabilmente è la più appropriata per questo tipo di terapia, perché presenta tuttora un forte bisogno medico non soddisfatto rispetto ad altri pazienti con la stessa leucemia, ma che non hanno tali mutazioni.

«I pazienti con leucemia linfatica cronica portatori di alterazioni hanno tassi di risposta ai nuovi farmaci più bassi e generalmente non rispondono bene alla chemioimmunoterapia. La domanda a cui bisogna dare risposta è se sia meglio usarli tutti nello stesso momento o utilizzare una strategia sequenziale – dando prima un farmaco e poi un altro, dopo una ricaduta – ma questo studio non affronta la questione» ha aggiunto il professore.

Lo studio CLL2-GIVe
CLL2-GiVe è uno studio prospettico multicentrico, in aperto, che ha coinvolto 24 uomini e 17 donne con leucemia linfatica cronica non trattata in precedenza, portatori della delezione 17p e/o mutazioni del gene TP53, con un’adeguata funzione d’organo (tasso di clearance della creatinina superiore a 50 ml/min)…”

Per continuare a leggere la news originale:

Fonte: “Leucemia linfatica cronica ad alto rischio, promettente la combinazione obinutuzumab-ibrutinib-venetoclax. #EHA 2020”, PHARMASTAR

Tratto da: https://www.pharmastar.it/news//oncoemato/leucemia-linfatica-cronica-ad-alto-rischio-promettente-la-combinazione-obinutuzumab-ibrutinib-venetoclax-eha-2020-33002