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Malattie reumatiche e muscoloscheletriche e Coronavirus – Tre registri Covid-19 per rispondere a domande di medici e pazienti

Farmaci immunomodulatori possono rendere i pazienti con malattie reumatiche e muscoloscheletriche più vulnerabili al virus? Le terapie standard utilizzate in reumatologia possono prevenire la tempesta di citochine che è una grave complicanza della malattia Covid-19? Oppure alcuni trattamenti possono mascherare la malattia da SarCov2? Sono queste alcune domande a cui cercheranno di rispondere tre registri nazionali e internazionali nati in ambito reumatologico e i cui dati sono stati presentati durante il congresso virtuale dell’EULAR 2020 (European League Against Rheumatism)

Dal nazionale al mondiale, tre registri interconnessi
“Control-19” è il primo registro avviato al mondo sugli effetti del Coronavirus nei malati reumatologici. Il progetto è promosso dalla SIR (Società Italiana di Reumatologia) e i primi dati sono relativi a 165 pazienti in cura nel nostro Paese e che hanno contratto l’infezione.

I dati del registro non sono fini a sé ma sono stati fin dall’inizio armonizzati nelle loro variabili per poter essere inseriti in altri registri: un registro internazionale a livello mondiale e il registro dell’Eular che ha pubblicato un report pochi giorni fa su circa 700 pazienti.

“Armonizzare la registrazione delle variabili è importante visto che i casi inseriti nel registro nazionale automaticamente passano nei registri internazionali allo scopo di non perdere informazioni su tutti i pazienti. L’Italia, per quanto riguarda il registro dell’Eular, è tra i principali contributors essendo seconda solo alla Gran Bretagna e alla Spagna. Siamo purtroppo tra gli interpreti principali di questi registri” ha sottolineato il dott. Luigi Sinigaglia, Presidente Nazionale della SIR.

Registro Control-19, l’Italia in prima fila
“Il registro Control-19 è stata la prima risposta della Società Italiana di Reumatologia (SIR) all’emergenza che abbiamo vissuto dalla fine di febbraio in avanti e lo abbiamo istituito nella prima decade di marzo cioè nel momento più critico della pandemia quando si conosceva ancora molto poco” ha aggiunto Sinigaglia.

Tutto nasce da una esigenza fondamentale di capire quale fosse l’entità e l’impatto dell’infezione sulla popolazione di pazienti cronici infetti da malattie croniche reumatologiche. Quello italiano è stato il primo registro al mondo e i primi dati in pubblicazione sono relativi ai casi osservati tra marzo ed aprile.

La popolazione è essenzialmente rappresentata da persone che vivevano in regioni del Nord dove la pandemia ha colpito molto di più, quindi Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto e si tratta di casi molto severi.
“I casi registrati sono molto severi perché i reumatologi tendono a notificare solo quelli più gravi e in secondo luogo perché questi sono tutti casi accertati attraverso tampone per SarsCov2 e in quel tempo i tamponi venivano solo fatti in ospedale e per i casi più severi” ha precisato Sinigaglia.

Il report prodotto ad oggi ha considerato 165 pazienti reumatologici con una età media intorno ai 62 anni, in prevalenza donne (105 donne e 60 uomini) e questo riflette la distribuzione tra i sessi nell’ambito delle malattie reumatiche. La prognosi peggiore è stata però osservata nei maschi.
Le patologie più rappresentate al momento dell’infezione erano: artrite reumatoide (35%), spondiloartrite (21%), connettiviti (19%) e vasculiti (12%). Più del 50% dei malati presentava almeno due comorbidità (diabete, ipertensione, malattie cardiovascolari etc).

Dato molto importante è che solo una piccola parte dei pazienti in remissione ha contratto l’infezione, mentre la stragrande maggioranza di questi pazienti aveva al momento del contagio una malattia attiva: molto attiva o moderatamente attiva.
“Questo dato è in linea con uno dei primi e chiari messaggi che SIR ha emanato e cioè quello di seguire le terapie, di non interromperle” ha dichiarato Sinigaglia.

Tra questi pazienti c’erano anche quelli che assumevano farmaci che poi sono venuti alla ribalta e che sono anche stati utilizzati nell’infezione da Covid-19.
Nel registro SIR sono stati registrati tutti i dati sulle terapie eseguite dai pazienti che per oltre il 50% stava assumendo cortisonici che sono un corollario fondamentale in molte malattie reumatologiche. Circa il 16% stava assumendo idrossiclorochina al momento del contagio quindi questo metto un po’ in crisi l’idea che questi farmaci possano avere un ruolo preventivo.

Oltre il 40% stavano assumendo DMARDS (farmaci antireumatici modificanti la malattia) non biologici soprattutto il metotrexato ; infine, i biologici erano assunti da circa il 38% dei pazienti.

“Globalmente da questi dati non emerge una responsabilità specifica nei confronti dei farmaci e quindi ancora una volta la linea dei reumatologi è quella di invogliare i pazienti a mantenere le terapie che sono in atto per il controllo delle loro malattie. Questo perché può essere molto più pericolosa la riattivazione di malattia legata alla sospensione del farmaco di quanto possano essere pericolosi i farmaci assunti per queste patologie” ha spiegato Sinigaglia…”

Per continuare a leggere la news originale:

Fonte: “Reumatologia, tre registri Covid-19 per rispondere alle domande di medici e pazienti. #EULAR2020”, PHARMASTAR

Tratto da: https://www.pharmastar.it/news/orto-reuma/reumatologia-tre-registri-covid-19-per-rispondere-alle-domande-di-medici-e-pazienti-eular2020-32516