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Coronavirus – Informativa del Presidente Conte al Senato

L’informativa del Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, al Senato della Repubblica, in merito all’emergenza Covid-19

Signora Presidente, Gentili Senatrici e Gentili Senatori,

la diffusione dell’epidemia da Coronavirus ha innescato, in Italia e in Europa, una crisi senza precedenti, che, come stiamo vedendo, sta esponendo il nostro Paese a una prova durissima.
La necessità di contenere il contagio ci sta costringendo a misurarci con nuove abitudini di vita, con un impatto negativo sull’intero sistema produttivo, che coinvolge imprese, famiglie, lavoratori.

Sono giorni terribili per la nostra comunità, per la comunità nazionale. Ogni giorno siamo costretti a registrare nuovi decessi: è un dolore per la nostra comunità che si rinnova costantemente, perdiamo i più soprattutto fragili, i più vulnerabili. Non avremmo mai pensato, nel nostro Paese, di guardare immagini in cui sfilano file di autocarri dell’esercito cariche di bare di nostri concittadini. Ai loro familiari va il mio, ma il nostro partecipe pensiero e la nostra commossa vicinanza.

Permettetemi di rivolgere, da quest’Aula, anche il più sentito ringraziamento agli sforzi straordinari di tanti medici, infermieri, pensiamo anche agli operatori delle autoambulanze, coloro che anche rispondono freneticamente alle telefonate dei cittadini, tutti coloro che in questi giorni difficili, a tutti i livelli, Protezione civile, Forse dell’ordine, Forze armate stanno rischiando anche la propria vita per salvare quella degli altri.

Ieri ho ricordato alla Camera una lettera, una lettera di Michela, un’infermiera che lavora al reparto Covid dell’ospedale di Senigallia, l’ho fatto per simbolicamente ringraziare lei pubblicamente, per ringraziare tutti, soprattutto, ripeto, il personale medico, gli infermieri e tutti gli operatori sanitari, ci hanno chiesto, Michela per tutti, di non dimenticarli dopo che passerà questa emergenza, ho preso l’impegno del Governo a non dimenticarli. E sono convinto che tutti voi, che siete in quest’aula, ci aiuterete per operare concretamente perché il ricordo non si perda.

Stiamo combattendo un nemico invisibile, insidioso, entra nelle nostre case, divide le nostre famiglie, ci ha imposto di ridefinire le nostre relazioni interpersonali, ci fa sospettare anche di mani amiche e ci ha costretto a imporre a tutta la popolazione una limitazione significativa degli spostamenti, pur di contenere il contagio e di mitigare il rischio di una diffusione incontrollata.

È un’emergenza così coinvolgente che arriva a sfidare il nostro Paese in tutte le sue componenti, nei suoi gangli vitali. È una sfida, ad un tempo, sanitaria, economica, sociale. Ci coinvolge tutti, nessuno escluso. È un’emergenza che riguarda il settore pubblico, ma anche quello privato. Coinvolge noi tutti rappresentanti delle istituzioni ma anche i semplici cittadini.

Il Governo e chi vi parla in particolare, è pienamente consapevole che dalle sue scelte, da ogni decisione assunta, discendono conseguenze, oggi più che mai, di immane portata per la vita – la vita fisica, innanzitutto – dei singoli cittadini, scelte che condizioneranno anche il futuro della nostra comunità.

Siamo all’altezza del compito che il destino ci ha riservato?
La storia domani ci giudicherà. Verrà il tempo dei bilanci, delle valutazioni su quello che avremmo potuto fare e non abbiamo fatto, tutti avranno la possibilità di sindacare il nostro operato e trarne le conseguenze. D’altra parte, ricordavo anche ieri, molti in questi giorni hanno ricordato ed evocano, anche pubblicamente, le pagine scritte da Manzoni nei «Promessi sposi»: lì a un certo punto viene ricordato un antico proverbio, ancora oggi fortemente in auge, per cui “del senno del poi son piene le fosse”.

Ci sarà un tempo per tutto. Ma oggi è il tempo dell’azione, oggi è il tempo della responsabilità, dalla quale nessuno, nessuno può fuggire. La responsabilità massima compete senz’altro al Governo. Ne siamo consapevoli. Ed è per questo che sono qui a riferire delle nostre azioni, difronte a Voi che rappresentate il popolo.

Ma la responsabilità, proprio per le caratteristiche del nostro nemico, e non mi stanco ma di dirlo è di tutti i cittadini, quindi anche Voi membri del Parlamento, perché mai come in questa condizione di assoluta emergenza, ciascuno di noi, con ogni singola azione, è chiamato a perseguire il “bene comune”, al quale siamo chiamati tutti vocati a contribuire attraverso il rispetto delle regole, con pazienza, fiducia, responsabilità.

Il Governo ha agito con la massima determinazione, con assoluta speditezza, approntando, ben prima che in qualsiasi altra Nazione, le misure di massima precauzione.
A partire dal 22 gennaio, quindi ben prima che il 30 gennaio l’Organizzazione Mondiale della Sanità dichiarasse il coronavirus “emergenza internazionale di salute pubblica”, abbiamo adottato vari provvedimenti cautelativi, ne ricordo alcuni: il 22 gennaio è stata creata presso il Ministero della Salute una task force apposita; il 25 gennaio un’ordinanza del Ministro della Salute ha precisato quali erano le misure profilattiche da seguire; il 27 gennaio è stato disposto il divieto di atterraggio dei voli provenienti dalla Cina, noi eravamo esposti a voli dirette di compagnie cinesi, ha prodotto un brusco calo del flusso di passeggeri direttamente provenienti dai focolai epidemici più intensi.

Il 31 gennaio, all’indomani del primo episodio verificatosi a Roma, ricorderete i turisti cinesi, abbiamo proclamato lo stato di emergenza nazionale per la durata cautelativa di sei mesi, affidando alla Protezione civile il compito di coordinare le attività di sostegno alle Regioni per fronteggiare l’emergenza.
Ricordo che l’organizzazione della sanità è di pressoché completa competenza delle Regioni, mentre allo Stato spetta dettare i principi fondamentali in materia di tutela della salute e la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni.

Il Governo ha dunque anticipato la reazione, ponendo in essere tutte le azioni di propria competenza, necessarie e utili a presidiare i beni primari della vita e della salute dei cittadini.
Il significativo tasso di contagio attribuito al COVID-19, con la previsione di una diffusione incontrollata del virus, ha posto subito all’attenzione delle autorità sanitarie la realistica possibilità di un sovraccarico del Sistema sanitario rispetto alla necessità di erogare cure che, con particolare riferimento alla popolazione più debole e più anziana richiedono interventi di terapia intensiva e sub-intensiva, con un tasso di ospedalizzazione difficilmente sostenibile dall’intero Sistema Sanitario Nazionale.

La limitazione del contagio è stata, quindi, da subito, la scelta necessaria a consentire al sistema di adeguarsi con un piano emergenziale specifico.
In questa prospettiva, i primi interventi di impatto e di contenimento hanno avuto l’obiettivo di isolare i casi positivi, tracciare i contatti stretti e provare a delimitare i cosiddetti “focolai”.

Ricordo che il primo caso di paziente italiano positivo è stato scoperto a Codogno, era il 21 febbraio. Nella medesima giornata, d’un tratto i contagiati sono saliti 15. Pressoché contemporaneamente, nelle stesse ore, un altro focolaio è stato scoperto a Vo’ Euganeo.

Sono stato raggiunto da queste notizie mentre ero a Bruxelles, proprio in quell’occasione il Consiglio europeo tenne una riunione fiume, che si protrasse per tutta la notte.
Appena rientrato a Roma, la sera stessa del 21 febbraio mi sono subito recato in Protezione civile per avere un puntuale aggiornamento.

Il giorno dopo, il 22 febbraio, ho convocato una riunione straordinaria del Consiglio dei Ministri presso la Protezione civile, nel corso della quale, con tutti i ministri, abbiamo adottato il Decreto legge n. 6, che ha disposto misure immediate di contenimento del contagio, definendo, al contempo, un percorso normativo, per noi del tutto nuovo, affidato allo strumento del Dpcm (il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) il compito di definire le misure via via ritenute più idonee a fronteggiare l’emergenza.

Con il DPCM del 23 febbraio, quindi immediato, sono state isolate le prime due cosiddette “zone rosse”, laddove avevamo rinvenuto i focolai riguardanti i 10 comuni del lodigiano e il comune di Vo’ Euganeo.

Con DPCM del 25 febbraio solo due giorni dopo, preso atto dell’evolversi della situazione epidemiologica e dell’incremento dei casi anche sul territorio nazionale, si è intervenuto, in tutti i comuni delle Regioni Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Veneto, Liguria e Piemonte, sullo svolgimento delle manifestazioni sportive, sull’organizzazione delle attività scolastiche e della formazione superiore, sulla disciplina di misure di prevenzione sanitaria presso gli Istituti penitenziari, sulla regolazione delle modalità di accesso agli esami di guida, sulla organizzazione delle attività culturali e per il turismo.

Una volta verificato che la circolazione del virus superava ambiti geografici facilmente e chiaramente isolabili, ci siamo subito resi conto ma seguendo sempre le raccomandazioni del Comitato tecnico scientifico, che  le misure di contenimento geografico hanno perso rilievo, mentre hanno assumevano ancor più rilevanza quelle di distanziamento sociale, via via incrementate con i provvedimenti che si sono succeduti, dapprima nelle Regioni interessate, e poi su Regioni interessate, chiaramente la nostra battaglia non conosce confini si sviluppa da Norda a sud, la nostra macchina organizzativa, operativa, ovviamente è in questo momento attentamente rivolta a quelle che sono le esigenze delle regioni del Nord ma dobbiamo concentrare i nostri sforzi anche per il Centro, pensiamo anche le Marche, e anche per potenziare la risposta al Sud in funzione di mitigazione del rischio e anche di situazioni altrettanto critiche.

La scelta degli interventi effettuati, vorrei ricordare, si è sempre basata su accurate valutazioni del comitato tecnico-scientifico e ha mirato a contemperare l’esigenza di incidere in maniera bilanciata tra benefici e sacrifici nella vita dei cittadini. Abbiamo sperimentato – primi in Europa – un percorso normativo volto a contemperare, da una parte, l’esigenza prioritaria di tutelare al massimo grado il bene primario della salute dei cittadini e, dall’altro lato la necessità di assicurare adeguati presìdi democratici.

E’ un percorso normativo che noi abbiamo sperimentato per primi ma che molti Paesi adesso stanno riprendendo e stanno considerando in qualche modo esemplare.

Per la prima volta dalla fine del secondo conflitto mondiale, siamo stati costretti a limitare alcune libertà fondamentali garantite dalla Costituzione. Pensate, in particolare la libertà di circolazione e soggiorno (articolo 16), la libertà di riunione (articolo 17) nelle sue varie forme, perfino la libertà di coltivare pratiche religiose.

I princìpi ai quali ci siamo attenuti nella predisposizione delle misure contenitive del contagio sono stati quelli della massima precauzione, ma, contestualmente, anche della adeguatezza e della proporzionalità dell’intervento rispetto all’obiettivo perseguito.

È questa la ragione della gradualità delle misure, che sono diventate restrittive via via che la diffusività e la gravità dell’epidemia si sono manifestate con maggiore severità, sempre sulla base delle indicazioni provenienti dal comitato tecnico-scientifico.

Poiché il nostro ordinamento, e qui noi ci differenziamo da altri ordinamenti costituzionali non conosce un’esplicita disciplina per lo stato di emergenza, abbiamo dovuto costruire un metodo di azione, una strategia di intervento mai sperimentato prima, basandoci ovviamente sulla legislazione vigente e sulla attuale articolata partizione di competenze tra Stato, Regioni, Comuni…

Fonte: Governo Italiano

Tratto da: http://www.governo.it/it/articolo/coronavirus-informativa-del-presidente-conte-al-senato/14384