Coronavirus – I livelli di D-dimero elevati e rischio sepsi possono indicare maggior rischio di complicanze gravi
“Uno studio retrospettivo condotto su 191 pazienti ricoverati in Cina mette in evidenza i parametri che sembrano essere associati ad un maggior rischio di morte e di sviluppare forme gravi di polmonite da COVID-19, come punteggi SOFA elevati e livelli di D-dimero superiori a 1 μg/mL al momento del ricovero
Tutti i dati epidemiologici sulla pandemia sono informazioni preziose per comprendere e combattere la polmonite da COVID-19. È molto importante conoscere le caratteristiche di quei pazienti che sviluppano una forma più grave e potenzialmente letale, per poter intervenire in modo più efficace e tempestivo. In Italia si tratta del 9% dei casi (il 12 marzo su 12.839 positivi, i pazienti in terapia intensiva sono 1.153).
Uno studio retrospettivo, multicentrico, pubblicato sulla rivista The Lancet, riporta le caratteristiche di tutti i pazienti adulti (dai 18 anni) che sono stati ricoverati nel Jinyintan Hospital e nel Wuhan Pulmonary Hospital, che sono stati dimessi o sono deceduti entro il 31 gennaio 2020. Si tratta del più vasto studio condotto fin ora su casi il cui esito è stato definito.
L’analisi ha incluso 191 soggetti, tra questi 137 sono guariti (il 72%) e 54 sono morti (il 28%). Questa percentuale non rappresenta la letalità riscontrata per COVID-19, che è di molto inferiore (del 3,4% a inizio marzo secondo le stime dell’Oms), ma solo la percentuale di persone decedute tra casi relativamente gravi, per cui è stato necessario il ricovero in ospedale. Il 48% di tutti i pazienti (91), presentava comorbidità, la più frequente era l’ipertensione, presente nel 30% dei casi, poi il diabete (19%).
Proprio come hanno rivelato altri studi cinesi, e lo studio condotto dall’Istituto superiore della sanità in Italia, anche da questa ricerca è emerso che la probabilità di morte sia associata all’età avanzata…”
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Fonte: “Coronavirus. I livelli di D-dimero elevati e rischio sepsi possono indicare maggior rischio di morte”, Quotidiano sanità
Tratto da: http://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=82501