Morbo della mucca pazza – Per la prima volta al mondo, ricostruito il meccanismo di replicazione del prione
“Lo studio dell’Università di Trento e dell’Istituto Telethon Dulbecco, in collaborazione con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e altri due centri accademici in Spagna e Canada, permetterà di andare alla ricerca mirata di farmaci in grado di contrastare gravi malattie neurodegenerative ad oggi incurabili. Pubblicato lo studio su PLOS Pathogens
Trento – Per la prima volta al mondo è stato realizzato un modello computazionale realistico che spiega il meccanismo di replicazione del prione, una proteina tossica che a metà degli anni Novanta è diventata famosa in tutto il mondo in quanto responsabile del “morbo della mucca pazza”: a descriverlo sulle pagine di PLOS Pathogens è stato il gruppo di ricerca dell’Istituto Telethon Dulbecco presso l’Università di Trento guidato da Emiliano Biasini, in collaborazione con il gruppo di Pietro Faccioli del dipartimento di Fisica dello stesso ateneo e afferente all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare.
I prioni sono versioni anomale di proteine normalmente presenti nel cervello dei mammiferi (ma presenti anche in altre specie come per esempio gli uccelli) in grado di replicarsi e propagarsi in maniera simile a virus e batteri. L’esatto meccanismo è ancora sconosciuto, ma si sa che possono indurre il cambiamento della loro forma normale in quella anomala: nel tempo quest’ultima prende il sopravvento e forma degli aggregati che uccidono le cellule nervose, provocando delle gravissime patologie neurodegenerative chiamate encefalopatie spongiformi trasmissibili.
Quelle che colpiscono l’uomo note finora sono la malattia di Creutzfeldt-Jakob, l’insonnia fatale familiare e la malattia di Gerstmann-Sträussler-Scheinker: si tratta di malattie spontanee, genetiche o infettive molto rare, che insorgono in genere in età adulta dopo una latenza molto lunga, ma con un’evoluzione rapida e infausta dopo la comparsa dei primi sintomi.
Molto nota è anche l’encefalopatia spongiforme bovina, che ha provocato una vera e propria epidemia a partire dalla metà degli anni Ottanta nei bovini prima in Inghilterra e poi in tutta Europa e ha fatto registrare anche alcuni rari casi di trasmissione all’uomo conseguente all’ingestione di carne infetta.
“Pur essendo noti fin dagli anni Ottanta grazie al lavoro del Premio Nobel Stanley Prusiner, i prioni sono agenti tuttora molto ‘sfuggenti’ per chi li studia, perché non si possono osservare direttamente – spiega Emiliano Biasini, professore associato al Dipartimento CIBIO dell’Università di Trento e scienziato Telethon – La loro tendenza ad aggregare, infatti, ha reso finora impossibile applicare la cristallografia a raggi X o la risonanza magnetica nucleare, i metodi più comunemente utilizzati per caratterizzare finemente la struttura delle proteine, fino al livello atomico; d’altra parte, un modello affidabile della proteina prionica è essenziale per disegnare delle strategie terapeutiche mirate. In questo senso, un grosso aiuto è arrivato da una disciplina apparentemente distante dalla biologia e dalla chimica, ovvero la fisica subatomica”.
I ricercatori Telethon hanno rivisitato la struttura dei prioni e proposto un nuovo modello di conformazione in linea con i più aggiornati dati sperimentali. Grazie poi alla stretta collaborazione con il gruppo di Pietro Faccioli, hanno sfruttato un innovativo metodo di calcolo computazionale derivato da metodi matematici sviluppati in fisica delle particelle, per ricostruirne il meccanismo di replicazione…”
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Fonte: “Morbo della mucca pazza, ricostruito per la prima volta il meccanismo di replicazione del prione”, insalutenews