Osteoporosi – Il farmaco fa la differenza
“In letteratura si stanno accumulando progressivamente dati sull’impiego a lungo termine della terapia con bisfosfonati (BSF). I dati indicano un effetto residuo dopo lo stop del trattamento, che suffraga il ricorso alle cosiddette “vacanze terapeutiche” (drug holidays). Per quanto riguarda le altre classi di farmaci usati per l’osteoporosi (OP), i benefici vengono persi rapidamente a seguito della loro interruzione. La fine del trattamento con denosumab, ad esempio, è stata associata con una perdita di densità minerale ossea (DMO) e un incremento del rischio di fratture vertebrali
Queste terapie, pertanto, non dovrebbero mai essere interrotte o, al più, andrebbero fatte seguire da trattamento con BSF o da altra opzione terapeutica alternativa, al fine di preservare il beneficio terapeutico raggiunto.
A questo tema sono state dedicate due comunicazioni del dr. Giovanni Adami (Unità di Reumatologia, Università di Verona), nel corso del congresso annuale EULAR, tenutosi quest’anno a Madrid (1,2).
La prima comunicazione orale ha “scattato un’istantanea” della situazione Usa sui trend temporali di interruzione dei bisfosfonati e sui fattori associati all’adozione delle “vacanze terapeutiche”, mentre il secondo studio ha monitorato le variazioni a carico dei marker di metabolismo osseo dopo interruzione del trattamento a lungo termine con denosumab.
Ecco, di seguito, una sintesi dei risultati dei due studi presentati al congresso.
Primo studio
Lo studio si è proposto di determinare i trend temporali di interruzione del trattamento a base di bisfosfonati (BSF) (almeno 12 mesi di sospensione) dal 2010-2015, in una coorte di donne Usa sottoposte a terapia con questa classe di farmaci da almeno 3 anni, senza interruzione. I dati relativi a questo campione sono venuti da database assicurativi sanitari Usa, nonché da un database di pazienti assistite dal programma di assistenza sanitaria pubblica statunitense Medicare.
Gli altri obiettivi dello studio sono stati quello di identificare i fattori associati con la sospensione di una terapia a lungo termine con alendronato (uno dei BSF maggiormente utilizzati) e con la ripresa del trattamento con un BSF qualsiasi.
I ricercatori hanno identificato un totale di 73.800 donne con trattamento a lungo termine con alendronato (n=59.251), risedronato (n=6.806) o zoledronato (n=7.743).
Di queste, il 35,6% ha interrotto il trattamento di lunga data con il BSF prescritto.
Il primo risultato, piuttosto preoccupante, emerso dallo studio è stato quello che la proporzione di pazienti in terapia con BSF da lungo tempo è aumentata in modo considerevole, passando dall’1,7% del 2010 al 14% del 2012, per poi mantenersi sostanzialmente stabile negli anni successivi previsti dal periodo di osservazione.
Non solo: “Quasi il 90% delle donne delle donne che avevano interrotto il trattamento con BSF – ha sottolineato Adami – non l’ha più ripreso nel tempo, e ciò si è verificato, soprattutto, negli anni in cui i media, sulla scorta di alcune osservazioni di letteratura, hanno enfatizzato i timori sugli effetti collaterali gravi – osteonecrosi della mandibola e frattura atipica di femore – peraltro assai rari”.
Le analisi di regressione, dopo aggiustamento dei dati per la presenza di fattori confondenti, hanno identificato in una nuova prescrizione di benzodiazepine (aOR=2,5; IC95%= 2,1-3), in un esame densitometrico DEXA pregresso (aOR=1,8= 1,7-2) e nell’utilizzazione di servizi paramedici (aOR=1,8; IC95%=1,6-2,1) i principali fattori associati alla sospensione del trattamento con BSF.
Inoltre, una ulteriore analisi ha identificato nell’effettuazione di un esame DEXA (aOR=9,9; IC95%= 7,7-12,6), nell’insorgenza di una frattura di fragilità (aOR=2,8; IC95%= 1,8-4,5) e in una diagnosi di osteoporosi (OP) o di osteopenia (aOR=2,5; IC95%= 2-3,1) i fattori maggiormente associati con la ripresa del trattamento con BSF.
In conclusione, lo studio fornisce tre informazioni di segno opposto che vanno tenute presente per la corretta gestione delle vacanze terapeutiche da BSF nelle pazienti con OP post-menopausale:
- la prevalenza di donne che, una volta sospeso il trattamento con BSF, non l’ha più ripreso, è aumentata nel corso degli anni, almeno negli Usa
- i fattori associati con la sospensione definitiva del trattamento con BSF (in questo caso alendronato) sono risultati maggiormente associati ad una nuova diagnosi di qualche altra malattia severa, come l’Alzheimer, l’introduzione di farmaci nuovi, un’eventuale degenza ospedaliera. Dunque, un peggioramento delle condizioni di salute generale induce probabilmente il medico curante a sospendere il farmaco da lui ritenuto in quel momento meno utile per la sua paziente
- i fattori tradizionalmente associati con il peggioramento della salute ossea, d’altro canto, si associano, fortunatamente, ad una ripresa del trattamento con BSF interrotto…”
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Fonte: “Osteoporosi e vacanze terapeutiche: il farmaco fa la differenza #EULAR2019”, PHARMASTAR