Stampa 3D – Mancano le normative
“I prodotti del 3d printing non hanno uno status giuridico che li definisca. L’Europa, pur consapevole del valore di questa tecnologia, non ne ha fatto menzione all’interno del nuovo regolamento sui medical device. Una lacuna normativa che preoccupa i player di un business che continua a progredire
prodotti di stampa 3D non hanno una normativa di riferimento nonostante il business che sta cambiando. L’Unione europea è indietro rispetto agli Stati Uniti, dove la Fda si è già pronunciata. Un vuoto legislativo che sta imbarazzando le istituzioni e mette in difficoltà tutti i settori economici. Compreso quella della salute. “Non c’è uno status giuridico specifico secondo il regolamento dei medical device 745/2017”, ha detto Vincenza Ricciardi, responsabile area regolatorio di Assobiomedica. Di questo argomento si è parlato in occasione dell’evento organizzato da Deloitte a Milano il 17 maggio “Il futuro dell’Health care: potenzialità, impatti e modelli del 3D Printing in ambito sanitario“.
L’identità che manca
La prima stesura del nuovo regolamento sui dispositivi medici è del 2012, ma l’implementazione è del 2017. Ricciardi lamenta il fatto che la legislazione europea ha preferito prendere in considerazione altre tecnologie e dispositivi anziché la stampa 3D. Per esempio le nanotecnologie che sono più recenti, rispetto agli oltre 30 anni del 3D printing. Ricciardi si rifà ai dati che sono stati forniti durante l’evento alla Greenhouse di Deloitte. Tra i sette e gli otto miliardi di dollari di fatturato nel 2017 per le aziende di settore. Senza considerare la previsione, entro il 2021, del raggiungimento dei 20 miliardi. “Con questi numeri in Europa dovrebbero capire che questa tecnologia è ormai realtà”, spiega l’esperta. “La comprensione è lenta, ma la consapevolezza c’è – ammette Ricciardi – ma manca la spinta finale per produrre un documento che metta in regola tutto”.
Una lentezza inspiegabile
Ricciardi fa due conti. Il primo pacemaker impiantabile è del 1958, ma la legislazione internazionale ha tardato fino al 1990 per definirlo a tutti gli effetti un device medicale. Nel frattempo la tecnologia si era evoluta. Più di trent’anni per dare una carta di identità a uno strumento che ha salvato milioni di vite nel corso degli ultimi decenni. Stessa cosa per la stampa 3D. Il primo oggetto realizzato con questa tecnologia è del 1983 e dopo 35 anni non c’è ancora un presa di posizione in materia.
Non si può lasciare nulla al caso
C’è un altro elemento che concorre a creare confusione. Ricciardi osserva che queste tecnologie avranno, in buona parte, un’applicazione sui pazienti. “Servono esami di biocompatibilità, elevati standard di qualità, documentazione scientifica e trial clinici. Non possiamo lasciare tutto al caso”. La soluzione non è difficile da trovare secondo l’esperta di Assobiomedica. “La regolamentazione esiste in Usa. Basta applicarla anche in Europa, non bisogna inventare nulla”.
Partenariati europei
A settembre 2017 la Commissione europea ha selezionato otto partenariati interregionali guidati da una o più regioni coordinatrici. Tra questi gruppi di lavoro focalizzati sulle nuove tecnologie, uno è dedicato alla stampa 3D. A guidarlo le regioni di Brabante settentrionale (Olanda), Fiandre (Belgio) e Norte (Portogallo).Questo progetto pilota, finanziato dal fondo europeo di sviluppo industriale (Fesr), è stato avviato a gennaio 2018 e continuerà fino al 2019. Questa collaborazione internazionale dovrà proporre nuovi approcci alle tecnologie emergenti entro i prossimi due o tre anni…”
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Fonte: “Stampa 3D, mancano le normative per un business che sta cambiando”, ABOUTPHARMA