Chemioterapia – La cuffia di ghiaccio che salva i capelli
Quando a mia madre hanno detto che avrebbe dovuto fare la chemio la prima cosa che mi ha chiesto è se avrebbe perso tutti i capelli. Le ho risposto che non era detto, che non tutti rispondono allo stesso modo e che dipende sia dal farmaco che dalla dose. L’ho rassicurata e le ho detto che comunque avremmo trovato una soluzione e i capelli sarebbero ricresciuti.
Un giorno mi commosse, mi disse che in un film a una mamma erano caduti i capelli per le terapie e le figlie si erano rasate a zero per solidarietà, continuava a pensarci e io usai l’ironia che mi ha sempre contraddistinta e le dissi: “Non ci contare, non ti voglio mica così bene”. Si sciolse in una risata. Siccome voleva guarire avrebbe comunque sopportato la vergogna e il fatto di essere sempre stata bella non l’avrebbe aiutata. Quando la pettinavo dopo il primo (e ultimo ciclo) mi chiedeva se ne erano caduti tanti e io mentivo dicendole che non erano poi così tanti, solo un pochino.
Me la sono riportata a casa con i suoi capelli perché la chemio tanto non funzionava e così le ho detto addio pochi giorni dopo. Ma questi ricordi che digito sulla tastiera mi sono tornati alla mente quando ho letto che l’8% dei pazienti con cancro rifiuta le cure proprio per paura di perdere i capelli e con essi la propria immagine e in parte la propria identità. È un impatto psicologico addirittura superiore a quello della mastectomia, l’intervento di rimozione di una parte o tutta la mammella per eradicare il cancro.
Le donne infatti riferiscono che in quel caso il problema, la menomazione rimane in parte occulta, privata, si può celare con i vestiti. Anche se il problema rimane quando i vestiti te li devi levare magari nell’intimità della tua camera da letto o con il tuo compagno.
Ecco allora perché ho appreso con grande interesse durante i lavori del Board Il corpo ritrovato, un gruppo di dermatologhe che si occupano dei danni da terapie oncologiche dell’esistenza di una cuffia in silicone aderente che raffredda il cuoio capelluto e blocca per la durata dell’infusione la circolazione sulla testa. Il metabolismo delle cellule viene rallentato in modo che i follicoli piliferi non vengano danneggiati dal farmaco facendo cadere i capelli. Un rimedio che in qualche ospedale si tentava in maniera artigianale con impacchi di bende fredde e ghiaccio che risultavano però poco comodi e probabilmente meno efficaci.
Lo scalp cooling questo il nome, non è altro che una cuffia che avvolge il capo il cui interno eroga una temperatura di – 4 gradi e in alcuni studi clinici ha dimostrato di ridurre l’impatto della perdita di capelli del 30-40% mentre in una ricerca italiana condotta a Carpi il 56% delle pazienti arruolate per la ricerca ha completato il trattamento con un grado di alopecia G0 o G1 calcolato con la scala CTCAE (a fronte di un numero medio di sedute di 5.4).
Se ne è occupato anche il New York Time quest’anno in un articolo che ha dato l’annuncio del primo dispositivo approvato dall’ente regolatorio FDA sigla di Food and Drug Administration insieme ai risultati di due studi, uno dell’Università della California e l’altro condotto alla Baylor College of Medicine di Houston hanno che hanno confermato come le donne con carcinoma mammario in fase iniziale sottoposte alla cuffia mantenevano almeno la metà della chioma e il 5% manteneva la totalità dei capelli durante la chemio.
L’alopecia è un effetto collaterale molto comune in corso di chemioterapia. Si calcola che circa il 65% dei pazienti sviluppa questo evento avverso. La perdita dei capelli ha sicuramente un notevole impatto negativo sulla qualità di vita dei pazienti, in particolare nelle donne, in quanto costituisce una perdita di identità. Influisce negativamente nei rapporti sociali, nelle relazioni personali e può anche determinare l’insorgenza di depressione.
I chemioterapici che più frequentemente causano alopecia sono: le antracicline (doxorubicina, epirubicina), gli antagonisti dei microtubuli (paclitaxel, docetaxel) e gli agenti alchilanti (ciclofosfamide, ifosfamide, etoposide). La caduta inizia giorni o settimane dopo l’inizio della chemioterapia, mentre la ricrescita avviene 3-6 mesi dopo la fine della stessa.
“Non tutti i farmaci citossici causano l’alopecia e a volte tale effetto collaterale può essere talmente lieve da essere quasi irriconoscibile – spiega la dottoressa Pucci Romano, presidente del Board Il Corpo Ritrovato – In altri casi può verificarsi invece un’alopecia temporanea, parziale o totale. In altri casi ancora può succedere che si verifichino fenomeni quali caduta delle sopracciglia, delle ciglia, dei peli che ricoprono il pube e tutto il resto del corpo”.
Prosegue la dottoressa Gabriella Fabbrocini dell’Università di Napoli:
“L’alopecia è un effetto collaterale molto comune in corso di chemioterapia. Si calcola che circa il 65% dei pazienti sviluppa questo evento avverso. La perdita dei capelli ha sicuramente un notevole impatto negativo sulla qualità di vita dei pazienti, in particolare nelle donne, in quanto costituisce una perdita di identità. Infatti influisce negativamente nei rapporti sociali, nelle relazioni personali e può anche determinare l’insorgenza di depressione”…”
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Fonte: “La cuffia di ghiaccio salva i capelli dalla chemio”, HUFFPOST