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Sclerosi multipla – Bilancio positivo trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche

Il trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche (aHSCT) induce una remissione prolungata di malattia nei pazienti con sclerosi multipla aggressiva. Lo conferma uno studio osservazionale italiano recentemente presentato al XLVIII congresso nazionale della Società Italiana di Neurologia, che amplia e sviluppa precedenti dati presentati a giugno al congresso dell’Accademia Europea di Neurologia (EAN). Ne abbiamo parlato con Giacomo Boffa, dell’Ospedale San Martino dell’Università di Genova

“I nostri dati dimostrano che un’intensa immunosoppressione seguita dal trapianto autologo di staminali ematopoietiche è una procedura estremamente efficace nell’indurre una remissione duratura di malattia nei pazienti con forme aggressive di sclerosi multipla”, ha affermato Giacomo Boffa, dell’Ospedale San Martino dell’Università di Genova.

Il clinico ha spiegato che anche con i nuovi trattamenti farmacologici ad oggi disponibili per la sclerosi multipla, la remissione completa di malattia a lungo termine rimane un traguardo elusivo e solo una piccola percentuale di pazienti raggiunge lo status di “nessuna evidenza di attività di malattia” (NEDA). Questo è particolarmente rilevante per quella piccola percentuale di pazienti affetti da una forma aggressiva di sclerosi multipla, caratterizzata da numerose ricadute cliniche, rapido accumulo di disabilità e importante attività di malattia alla risonanza magnetica, poiché per questi pazienti non è ancora nota la migliore strategia terapeutica.

Il NEDA è una outcome ambizioso che combina l’assenza di ricadute cliniche, l’assenza di progressione della disabilità neurologica (valutata tramite la scala EDSS) e l’assenza di nuove lesioni T2 o T1 captanti il gadolinio nella risonanza magnetica (MRI).

Lo studio presentato al congresso ha coinvolto 122 pazienti consecutivi con sclerosi multipla aggressiva sottoposti a un trapianto autologo di staminali ematopoietiche presso diverse cliniche universitarie italiane (Genova, Firenze, Torino e Palermo) tra il 1996 e il 2016. Circa il 60% dei pazienti aveva una sclerosi multipla recidivante-remittente, mentre gli altri presentavano una forma progressiva di malattia.

I dati di efficacia a lungo termine sono stati calcolati per i pazienti sottoposti al più utilizzato protocollo trapiantologico, che consiste nell’uso sequenziale di ciclofosfamide seguita dal regime chemioterapico BEAM, composto da carmustina (BiCNU), etoposide, citarabina (arabinoside) e melfalan più globulina anti-timocitica.

Lo studio ha evidenziato che più del 90% dei pazienti con forma di malattia a ricadute e remissioni non presenta una progressione di disabilità finoa 15 anni dal trapianto. L’83% dei pazienti raggiunge lo status NEDA, ovvero la completa remissione di malattia, a 5 anni dalla procedura. Nessuno di questi pazienti ha dovuto assumere una terapia specifica per la SM in seguito al trapianto.

Lo studio ha evidenziato un solo decesso (mortalità dello 0,8%), avvenuto prima del 2005 e da considerarsi possibilmente correlato con la procedura. Gli eventi avversi sono risultati coerenti con gli effetti tossici attesi associati al trapianto autologo.
Data la natura osservazionale e retrospettiva di questo studio, ha riferito Boffa, è in corso di organizzazione un trial multicentrico italiano randomizzato e controllato di fase III per confermare l’efficacia del trattamento.

Ci siamo fatti spiegare dal dottor Boffa come viene effettuata la procedura e il suo ruolo clinico.

Chi erano questi pazienti?
Quando si parla di trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche come terapia per la sclerosi multipla, non si fa riferimento a tutti i pazienti con sclerosi multipla, ma solo ad una piccola quota di soggetti che sviluppa una forma aggressiva di malattia, stimata, a seconda dei vari studi epidemiologici, intorno al 10-15% della totalità dei pazienti. Si tratta di soggetti che presentano un’importante attività di malattia sia a livello clinico, presentando numerose ricadute cliniche, spesso con incompleto recupero, sia a livello radiologico, con lo sviluppo di numerose lesioni infiammatorie alla risonanza magnetica. Alcuni di questi pazienti presentano una scarsa ed incompleta risposta alla terapia medica ad oggi disponibile, anche alle terapie più recenti, come gli anticorpi monoclonali natalizumab e alemtuzumab, che sono solitamente molto efficaci. Sono perciò pazienti a rischio di sviluppare una disabilità neurologica severa ed irreversibile nell’arco di pochi anni. È questa è la popolazione target per il trapianto autologo di staminali ematopoietiche.

Come si svolge la procedura di trapianto autologo?
È una procedura abbastanza complessa, articolata in diverse fasi. La prima è la cosiddetta fase di mobilizzazione, nella quale vengono raccolte ed estratte le cellule staminali del paziente. Questo è possibile grazie all’impiego di fattori di crescita granulocitari (Granulocyte Colony Stimulating Factor, G-CSF) che stimolano l’organismo a produrre una quantità adeguata e sufficiente per il trapianto di cellule staminali ematopoietiche…”

Per continuare a leggere la news originale:

Fonte: “Sclerosi multipla: bilancio positivo del trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche. L’esperienza italiana”, PHARMASTAR

Tratto dahttps://www.pharmastar.it/news/neuro/sclerosi-multipla-bilancio-positivo-del-trapianto-autologo-di-cellule-staminali-ematopoietiche-lesperienza-italiana-25089